
Imprenditoria femminile, ritorno al Sud, agricoltura digitale. Questi sono i temi principali portati avanti dell’Azienda Agricola Biolù di Nadia Savino.
Le abbiamo chiesto di condividere la sua esperienza, al passo con le nuove opportunità che le nuove tecnologie offrono all’intera filiera agroindustriale.
Queste, non solo, garantiscono maggiore resa e sostenibilità delle coltivazioni e alla qualità produttiva; ma soprattutto rappresentano una leva in grado di facilitare l’accesso alle piccole aziende, anche al sud, dove Nadia crea valore anche per l’intero settore dell’imprenditoria femminile.
Ecco cosa abbiamo scoperto:
Parlaci un pò di te e della tua esperienza. Come ci si sente a gestire e sviluppare un’azienda agricola al sud?
La mia esperienza e formazione non è propriamente legata al settore agricolo.
I miei genitori vengono da un altro mestiere. Ho studiato e lavorato a Roma per un po’ come executive manager per un grande gruppo.
Dopo qualche anno ho però deciso di tornare, ma mi ha spinto più la voglia di cambiare mestiere.
Da li è cominciata una nuova storia, quella che mi porterà verso l’agricoltura digitale.
Sono tornata in Irpinia, mi sono abilitata come commercialista, nel mentre ho ritrovato una collega dell’università con cui ho cominciato a lavorare in questo settore. A causa di cambiamenti importanti nella mia vita privata, ho dovuto rallentare con le attività lavorative.
Era il periodo in cui si stavano chiudendo i primi bandi legati all’agricoltura e mia nonna aveva problemi con il suo terreno. Non sapeva a chi affidarlo, correvamo il rischio che molti dei nostri terreni avrebbero rischiato di diventare incolti.
Così ho deciso di prenderli in carico, partecipando ad un bando con successo. Questo mi ha spinta a ragionare su cosa potesse essere l’agricoltura, cosa poteva esserlo per me e per il sud: ho iniziato a documentarmi, partecipare corsi di formazione in giro per l’Italia.
Sei stata all’estero, hai lavorato a Roma, sei tornata nelle terre dell’osso e hai deciso di sperimentare ed innovare, quali difficoltà hai trovato?
La principale difficoltà è stata la mentalità.
Far capire che un’ agricoltura diversa, digitale, è possibile, prima in famiglia e poi al territorio. L’immaginario di partenza è quello del contadino che suda in campo e guadagna zero. Dove l’intelligenza è associata alla furbizia e non alla capacità di sperimentare, innovare, aumentare la produttività.
La nostra azienda vuole superare l’idea che l’agricoltura serva solo per ricevere gli aiuti AGEA, che sono sicuramente importanti per il nostro lavoro ma non possono essere l’obiettivo e la finalità delle imprese agricole.
Dopo un semplice “tour” sul sito di “BioLu” possiamo da subito capire che non è una semplice azienda, ma una precisa scelta orientata a costruire un’impresa per il futuro. Ci puoi descrivere in breve il progetto?
Bisogna essere al passo con i tempi, oggi l’agricoltura di precisione è il futuro. Per questo deve trasformarsi in agricoltura digitale.
Molti agronomi lavorano ancora a calendario: il mese di marzo un trattamento, quello di aprile un altro e così in modo meccanico uno dopo l’altro. Questo modo di pianificare non va più bene perché abbiamo conoscenze e tecnologie che ci permettono di intervenire solo quanto necessario e se necessario.
Noi stiamo impiantando un nuovo uliveto con circa duecento ulivi: ’abbiamo immaginato come un campo iper-tech.
Faccio un esempio relativo alle mosche dell’ulivo: se io so che a campione sono state individuati 30 mosche adulte, so che bisogna intervenire per non farle deporle. Ma se le mosche non ci sono perché devo intervenire ed avvelenare il frutto?
Altro esempio di questo approccio riguarda la concimazione: perché buttare nel terreno tantissimo concime se i dati ci dicono che non è necessario?
L’idea è quello di utilizzare le nostre stazioni metereologiche: Il monitoraggio per lo stress idrico- in, i sensori per la bagnatura fogliare in pratiche foglie che vengono applicate ai rami per monitorare le condizioni degli ulivi tramite alert che ti inducono ad intervenire solo se necessario.
Questo sistema è pensato per aumentare l’efficacia, la produttività e la trasparenza dell’agricoltura biologica.
Tornando all’esempio delle mosche abbiamo pensato, infatti, di installare delle trappole a cattura hi-tech: le contano, le misurano e ti dicono se e quando intervenire.
Uno degli obiettivi che vi ponete non è solo di avere una produzione sostenibile ma provare ad essere un’impresa ad impatto zero. Come può un’azienda avere una produzione critica continuando a fare profitto?
Si fa meno profitto rispetto ad un’azienda “tradizionale” soprattutto in termini di produttività.
Si prova a guadagnare cercando di intercettare una nicchia di consumatori attenti al biologico: c’è chi apprezza il nostro sforzo e chi rileva che la produzione biologica renda il prodotto qualitativamente migliore.
Non dico che sia l’unica soluzione, dico che noi abbiamo scelto questa strada e stiamo raggiungendo il nostro obiettivo anche grazie all’impiego di nuove tecnologie. Ecco perché è così importante l’agricoltura digitale.
State tracciando tutta la filiera in Blockchain, un’attività che possiamo definire rara ed innovativa. Ci spieghereste in breve come funziona?
La blockchain non è nient’altro che una serie di informazioni.
Che vengono registrate su blocchi informatici in maniera irreversibile dai vari attori della filiera. Tutte queste informazioni sono ad appannaggio del consumatore:
ad esempio i sistemi che abbiamo in campo come le stazioni metereologiche restituiscono una serie di dati che permettono di monitorare la qualità del prodotto. Questi vengono direttamente registrati in cloud e resi non modificabile neanche da noi.
Il consumatore può sapere quando ho seminato, se ho seminato, in che condizioni climatiche cresce il nostro grano tramite dati metereologici e dati visivi che fotografano il campo permettendo un controllo visivo al consumatore.
Al raccolto abbiamo un altro strumento che si chiama NIR che monitora e registra l’umidità di raccolta:
lo stoccaggio in biologico non prevede agenti chimici quindi l’umidità deve essere bassa per garantire lo stoccaggio, tramite questi dati è possibile verificare che è il giusto momento della raccolta.
Quest’anno dal prossimo raccolto inseriremo un sistema di intelligenza artificiale per la bagnatura del grano: anche questo dato sarà segnato nei blocchi della blockchain.
Perché se si bagna il grano e lo si lascia bagnato per troppo tempo questo potrebbe essere attaccato da micotossine: i nostri clienti invece possono sapere che i nostri grani sono stati bagnati in modo giusto ed avere una garanzia di qualità.
Anche per la trasformazione in pasta abbiamo sonde che rilevano umidità e temperatura che permettono di rendere verificabile la nostra essiccazione naturale.
Un’ultima domanda: è ancora difficile per una donna diventare imprenditrice e promuoversi all’interno del settore agricolo? Cosa senti di dire alle tante donne che vogliono sperimentarsi in questo settore?
Troppo. Essere donna è difficile a prescindere, qualsiasi sia il settore. Io ne ho vissuti diversi: consulenza, management adesso vivo quello imprenditoriale.
Porto l’esperienza di mia mamma che è imprenditrice da 30 anni in Irpinia e posso dire che è difficile. Devi essere precisa, puntuale e attenta più dei colleghi maschi. Se sei stanca e dici una fesseria rimarrai bollata a vita. Alla primissima riunione in cui mi hanno presentata erano tutti maschi cinquantenni ho dovuto alzarmi in piedi e alzare la voce per farmi ascoltare. Poi piano piano sbattendo i piedi e alzando la voce sono riuscita a farmi spazio: le donne hanno una difficoltà doppia.
Specialmente se si tratta d promuovere modelli nuovi come l’agricoltura digitale.
Un’altra difficoltà è la famiglia: per quanto i mariti sono più attenti rispetto al passato, il problema resta sempre della mamma, mi spiego: Se mio figlio ha la febbre, mio marito deve comunque andare a lavoro mentre io posso rimandare tutto per restare a casa e decidere il da farsi. …come se il lavoro il mio lavoro valga un po’ in meno.
Il mio consiglio è di perseverare, stringere un po’ i denti e pensare che in quanto donne siamo più forti e non è un caso.
Prima di salutarci ti chiederei di fare un invito alla coltura sostenibile rivolto ai giovani imprenditori che, come voi, ogni giorno con passione provano a far incontrare innovazione e tradizione.
L’invito è quello di formarsi e di uscire dal bozzolo.
Ci sono tanti momenti, anche gratuiti, come quelli di ISMEA che sono utili a migliorarsi. L’unico onere è quello di alzarsi e uscire dall’Irpinia e la confort zone per investire su di sé e la propria azienda. Sono esperienze importanti perché ti mette a confronto con ragazzi che come te vogliono imparare, ti fanno incontrare importanti imprenditori e formatori che possono aiutarti ad individuare le idee innovative giuste per il tuo territorio.
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